Qualche settimana fa La Gazzetta dello Sport ha pubblicato i risultati di sondaggio su un campione di appassionati sportivi.
Due numeri hanno attratto la mia attenzione.
Il 50% degli intervistati reputa normale insultare gli avversari, mentre il 20% considera naturale proferire insulti razzisti.
Mi è tornata alla mente la mia professoressa di Educazione musicale alle scuole medie.
E che c’entrano le sinfonie?
Era un’insegnante molto brava, giusta, esigente e simpatica. Ogni tanto divagava.
Non so per quale motivo una volta ci raccontò della prima volta che andò allo stadio.
Piccola nota. Questo è uno di quei casi per me affascinanti e misteriosi del cervello umano: a distanza di 40 anni ricordo questa cosa, benchè di fatto non abbia alcuna importanza.
Vabbè…
La professoressa ci raccontò il fatto per dirci che ad un certo punto un signore vicino a lei urlò: “Arbitro cornuto!!!”.
E lei ricordava come, insieme ad altre persone, si girò verso questo uomo per apostrofarlo con un “Eh ma … insomma!!!”. La frase incriminata era all’epoca ritenuta sconveniente.
Oggi fa sorridere.
Oggi i regolamenti prevedono provvedimenti nel caso in cui durante una manifestazione sportiva i tifosi si rendano protagonisti di insulti razzisti.
Ho sempre ritenuto questa idea molto sbagliata.
Ben inteso. Gli insulti razzisti sono odiosi senza se e senza ma. Allo stesso tempo il messaggio che passa è: questi insulti sono da punire.
Gli altri sono ammessi. E perché mai un coro in cui si insulta la mamma di un atleta va bene?
È una questione di standard.
Purtroppo insultare allo stadio è diventato socialmente accettabile.
I nostri giudizi, le nostre valutazioni ed i nostri comportamenti dipendono in buona parte dai nostri standard.
Per questo penso sia fondamentale periodicamente fermarsi e chiedersi: ”Quali sono i miei standard? Cosa è normale per me?
Allo stesso tempo è utile e necessario chiedersi cosa è normale per gli altri. Non per fare un confronto inutile ma per capire il contesto che ci circonda.
I nostri standard sono punti di riferimento.
Ed anche degli stimoli perché possono essere delle mete da raggiungere e/o mantenere.
Per questo è importante avere degli standard elevati.
È importante essere esigenti con sé stessi rispetto agli standard.
Spesso non abbiamo modo di incidere su quello che ci sta attorno.
Abbiamo però il dovere di non uniformarci e non accettare standard altrui.
Chiediti quali sono i tuoi standard e chiediti se sono abbastanza elevati. In tutti gli ambiti della tua vita.
Ti soddisfano? Sei felice di ciò che per te è normale?
Saranno soddisfatti dei loro standard coloro che vanno allo stadio ad insultare?
Non lo so.
Quello che so è che la cosa più importante che devi chiederti è: “che contributo porto al mondo con i miei standard?”.
Il Signor Concetto Lo Bello, celebre arbitro degli anni ’60, è stato la prima “star” nel suo ruolo.
Il suo standard era essere protagonista in campo.
Chi ha qualche anno ne ha sentito parlare.
Il grande Sandro Ciotti chiuse con queste parole la radiocronaca di una partita in cui il protagonismo di Lo Bello fu memorabile:
“Ha arbitrato il signor Lo Bello di Siracusa, davanti a 60000 testimoni”.
Lo standard di Ciotti era avere classe e ironia.