Mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare: con intenzione, nel momento presente, in modo non giudicante” Jon Kabat-Zinn
In questo periodo in cui ho bisogno di mettere a posto alcune cose che sento ancora “in sospeso” dentro di me sto scoprendo nuove vie non solo per conoscermi, ma anche per semplificare la mia vita.
Una di queste, nonostante abbia un nome noto, fino a ieri non sapevo cosa fosse: la Mindfulness.
In tutta onestà pensavo che fosse una via di mezzo tra la meditazione e lo yoga, forse intrisa anche di spiritualità tibetana e pratiche zen.
Insomma, fino a ieri sera non sapevo davvero di cosa si trattasse, ma quando mi è stato proposto di partecipare ad un corso di 8 sedute con un ristretto numero di partecipanti non ho esitato ad accettare.
Sarà che ho piena fiducia nella persona che mi ha proposto di partecipare e che tiene il corso, sarà che ho bisogno di trovare nuovi strumenti per vivere la mia vita con serenità, sarà che amo apprendere cose nuove da poter portare nella nostra famiglia, ho deciso di affidarmi e di andare alla scoperta di questa nuova strada.
Munita di tappetino, vestiti comodi, calzettoni e un po’ di farfalle nello stomaco (è sempre un po’ sfidante uscire dalla mia zona di comfort) ho iniziato il mio viaggio.
Questo è proprio un viaggio, un viaggio alla scoperta di sé, un viaggio alla scoperta della mindfulness e, soprattutto, un viaggio in cui, come in tutti i viaggi più belli, la meraviglia è in quello che vedi, che senti e che scopri durante il cammino, non nell’arrivo.
Il viaggio è iniziato con un’attività semplice, eppure incredibilmente sorprendente: l’analisi sensoriale, ad occhi chiusi, di un oggetto che ci è stato dato.
A differenza del gioco che abbiamo fatto tutti da bambini, non si trattava di indovinare che oggetto fosse, ma di andare alla scoperta delle sue caratteristiche utilizzando i sensi.
È caldo, freddo? Duro, morbido? Liscio, rugoso? È tutto uguale o ha parti diverse? È concavo, dritto, curvo? È piccolo, grande?
Messo vicino all’orecchio emette un suono? È un suono grave, acuto, non ha suono? E messo vicino al naso senti un profumo? È dolce, affumicato, forte, tenue?
Se provi a morderne un pezzettino, che sapore senti? È dolce, acido, amaro? E se provi a inghiottirlo, che sensazione provi? …
Dopo alcuni minuti di analisi sensoriale dell’oggetto misterioso ho potuto aprire gli occhi e scoprire di cosa si trattava: un acino di uvetta sultanina.
E qui ho fatto la mia prima vera scoperta: non avevo mai prestato tanta attenzione a tutte le caratteristiche che un piccolo acino rinsecchito riserva.
Non ne avevo mai annusato il profumo, non avevo mai notato le differenze che presenta al tatto e non mi ero mai soffermata davvero ad assaporarne il gusto. D’altra parte è talmente piccolo che non ne mangi mai solo uno!
Ma la vera scoperta è arrivata subito dopo, quando ci siamo resi conto che lo scopo dell’esperienza non era percepire con i nostri sensi le caratteristiche dell’acino, ma di renderci conto che durante quei minuti eravamo rimasti nel “qui e ora”, impedendo così alla nostra mente di far entrare qualunque altro tipo di pensiero.
Wow!
È bastato dedicare la mia attenzione ad un piccolo acino rinsecchito per riuscire a mettere uno spazio tra me e i miei pensieri.
Quante volte ero riuscita a farlo prima? Pochissime!
Spesso mentre guardo un film penso: “Diana avrà fatto tutti i compiti?”, “la lavatrice avrà finito?”, “domani devo ricordarmi di …”
Altre volte andiamo a cena da amici e, di nuovo, non mi godo appieno il presente perché mille pensieri bussano alla mia mente (ed io gli apro!).
Invece ieri sera per alcuni meravigliosi minuti tutti i pensieri sono rimasti fuori dalla porta ed io mi sono goduta il “qui ed ora”.
Perché è così importante riuscire a rimanere nel tempo presente?
Perché noi siamo talmente abituati a fare determinate cose, che agiamo senza riflettere: viviamo con il “pilota automatico” inserito.
Avere un pilota automatico che ci guida è utile in tantissime occasioni: quando guidiamo, andiamo in bicicletta, prepariamo da mangiare, carichiamo la lavatrice, facciamo il caffè, … Sarebbe impensabile dover riflettere su ogni azione da fare ogni volta che ci mettiamo al volante (penso che ognuno di noi si sia stressato a sufficienza quando ha imparato a guidare!).
Quando però il pilota automatico si innesta nelle nostre reazioni, perdiamo la libertà di decidere come agire. Le reazioni automatiche negative (quelle che ci fanno stare male) sono quelle che si scatenano “ogni volta che …”
Ogni volta che sento il nome di Carola mi viene mal di pancia, ogni volta che sento il profumo di gelsomino mi agito, ogni volta che sento quella canzone mi viene da piangere, …
Queste emozioni si scatenano in una frazione di secondo, senza che noi riusciamo fare nulla per arrestarle, perché abbiamo il pulsante della reazione automatica premuto. Non siamo consapevoli di ciò che sta accedendo, né lo stiamo decidendo. Parte lo stimolo e noi reagiamo.
Azione – reazione automatica.
Cosa c’entra in tutto questo l’analisi sensoriale del mio acino rinsecchito? È così potente da impedire che si scatenino le reazioni automatiche?
Ovviamente non è l’analisi sensoriale in sé a togliere il pilota automatico alle mie reazioni, ma mi regala dei minuti preziosi in cui io mi chiudo nella bolla magica del “qui ed ora”. Stare nel “qui ed ora” mi permette di avere tempo per respirare, rilassarmi, tranquillizzarmi e poter decidere con consapevolezza come agire.
In questo modo non sono più costretta a reagire secondo i vecchi schemi, ma ho la libertà di scegliere. Non c’è più “ogni volta che …”. Sono io che decido. Finalmente!
Per riuscire a disinserire il pilota automatico delle reazioni negative non è necessario analizzare sensorialmente tutti gli acini di uvetta che abbiamo in casa, né andare in giro con una manciata di uva passa nelle tasche da usare nel momento del bisogno.
Questo è solo un esercizio che allena la mente a stare nel “qui ed ora”, lasciando fuori tutto il resto del mondo. Come sempre, più ci alleniamo a fare una cosa, più ci viene semplice, rapido e automatico farla.
Ma devo compare un sacco di uva passa per allenarmi? Sì, no, se vuoi. Puoi scegliere.
Per allenare la mindfulness scegli un’attività semplice ed automatica che fai tutti i giorni (preparare il caffè, lavarti i denti, fare la doccia, fare il bucato, portare a spasso il cane, …) e, mentre la fai, concentrati su tutte le informazioni che riesci ad acquisire con i sensi.
Ad esempio se scegli i momenti in cui ti lavi i denti puoi chiederti: come sono le setole dello spazzolino?
Dure, morbide? Che sensazione provo sulle gengive? E sui denti? Com’è il manico dello spazzolino? Liscio, ruvido, ha parti diverse? È caldo o freddo?
Che sensazione mi dà tenerlo in mano? Che gusto ha il dentifricio? Mi piace? È dolce, fresco, forte, delicato? Che profumo ha?
Giorno dopo giorno nota se cambia qualcosa nelle sensazioni che provi. Questo ti aiuterà a mantenere l’attenzione sull’attività che stai svolgendo, mantenendoti nel “qui ed ora”.
E se durante i pochi minuti in cui ti lavi i denti qualche pensiero dovesse bussare alla tua porta, respingilo gentilmente e riporta la tua attenzione sulle sensazioni che stai provando.
Vedrai che con l’allenamento sarà sempre più facile impedire ai pensieri di bussare e avere del tempo per respirare, trovare la centratura e scegliere come vuoi agire.
Questa è la meraviglia della mindfulness!