Lunedì 22 Gennaio è mancato Luigi Riva.
In realtà nessuno lo chiamava Luigi. Ma, ancora in realtà, non è corretto neppure ricordarlo come Gigi Riva.
Lui era Giggirriva, come dovuto dall’inflessione della parlata di quello che è diventato il suo popolo.
Riva è stato una leggenda del calcio italiano.
Attaccante di straordinaria potenza tanto da ricevere il soprannome di Rombo di tuono.
Per chi non segue il football, è stato calciatore che ha segnato più reti con la maglia della nazionale: 35.
Per fare un paragone con i tempi recenti, Del Piero ne ha segnate 8 in meno giocando più del doppio delle gare.
Ma non è stato il calciatore ad essere in primo piano.
Dagli anni ’70 ad oggi, Riva e la Sardegna sono stati una cosa sola.
A distanza di oltre 40 anni qualcosa di simile, anche se più in piccolo, lo ha rappresentato Romeo Sacchetti, grande ex-cestista ed allenatore della Dinamo Sassari, vincitrice del primo ed al momento unico scudetto e del triplete italiano nel basket.
La Sardegna ha dato i natali, tra gli altri, ad un premio Nobel e a due Presidenti della Repubblica.
Eppure l’eroe sardo per eccellenza è Giggirriva.
Se in Sardegna dovessero mettere un volto nella bandiera dei Quattro mori, metterebbero di certo il suo e non quello di Cossiga!
La cosa interessante è che Riva non era sardo (come non lo è Sacchetti) ma lombardo.
Questo è singolare per un popolo che, usualmente ritenuto è connotato come chiuso e diffidente (ben inteso, è una generalizzazione…), etichetta che però non deriva da un’entità sovrannaturale che ha sparso la polverina della diffidenza sulla testa del popolo sardo, o, per dire, dei liguri.
C’è qualcosa di più…
Ad esempio, se vivi su una costa stretta e ti attaccano dal mare, la situazione può essere complicata quando guardi dove scappare e ti ritrovi delle montagne da scalare.
Se invece sei su un’isola, da quella proprio non scappi. Difendere chilometri e chilometri di coste non è così facile.
Ed allora quando vedi arrivare una nave il tuo primo pensiero non sarà: ”Oh, che bello! C’è qualcuno che viene a farmi visita! Metto su la moka!”.
Un popolo con questa storia cresce con una base di diffidenza più che giustificabile.
È un imprinting atavico che è necessario considerare.
Inconsciamente, a te forestiero viene chiesto di superare la barriera della diffidenza. Ti viene chiesta una “prova” della tua affidabilità.
Ma quando l’hai superata poi fai parte dell’isola.
Tanto per rendere l’idea, Meo Sacchetti appena uscito dall’aeroporto di Alghero al suo primo ritorno da avversario non è accolto dagli ultras (che peraltro gli avrebbero poi tributato tutti gli onori al palazzetto) ma ci sono delle famiglie che lo accoglievano come un fratello.
Riva è rimasto in Sardegna tutta la vita, Sacchetti ha comprato casa ad Alghero per farne il suo buen ritiro.
Il punto non è fare una lode del popolo sardo, cosa che di per sé non sarebbe male, ma ragionare sul come questi due personaggi siano entrati così in sintonia con una realtà che di primo impatto può sembrare ostile.
Si tratta certamente di due personaggi super.
Riva non l’ho conosciuto di persona ma tutte le testimonianze portano a pensarlo. Meo ho avuto modo di conoscerlo e posso dirlo per certo.
Più semplicemente sono due persone capaci di comprendere gli altri.
Le persone hanno una storia alle spalle. Le persone sono state cresciute secondo dei modelli che ne hanno condizionato il modo di pensare, il modo di agire, il modo di comportarsi.
Giudicare qualcuno vuole dire in realtà giudicare il suo imprinting, significa giudicare chi ha contribuito a formarne la personalità.
Comprendere questo è fondamentale.
Lo è per tutti ed in particolare per un coach.
Per comprendere come aiutare una persona che vuole cambiare un aspetto della sua vita, occorre comprendere da dove arriva.
Alle persone occorre dare dei modelli positivi. Ed occorre riproporre e riproporre e riproporre in modo incessante questi modelli.
Ed occorre anche mettere un alert sui modelli che invece non lo sono.
Oggi un tema su cui c’è, giustamente, enorme attenzione è quello della violenza contro le donne.
Anche qui occorre capire i violenti. Capire. Comprendere.
Che è diverso da accettare.
Se non capisco il perché, se non comprendo qual è il modello che ha mosso chi usa violenza contro una donna, come posso comprendere qual è l’alternativa da proporre?
I media che ci vogliono spiegare che la violenza sulle donne è sbagliata, che modello propongono?
Quello dei talk show dove gli ospiti si urlano addosso, oppure quello dei programmi dove le persone si aggrediscono.
Ti suggerisco di guardare un pezzo della puntata del podcast Muschio Selvaggio in cui erano ospiti il fondatore dell’Università degli Studi Niccolò Cusano di Roma ed il Rettore dell’Università per stranieri di Siena (Muschio Selvaggio – Ep.131 Gli opposti si scannano).
È interessante porre l’attenzione sui due modelli comunicativi perché il modo in cui si comunica si riflette poi nello stato d’animo sia degli interlocutori sia degli ascoltatori e da questo sono condizionati i comportamenti conseguenti.
Diventa quindi chiaro che se porto in TV Vittorio Sgarbi oppure Tomaso Montanari il modello proposto sarà molto diverso.
Però, porca miseria! Se ho una società dove il livello di aggressività e violenza è preoccupante, non dovrei cercare in tutti i modi di smorzarlo? Ed invece?
È fondamentale andare a caccia dei modelli e non essere preda.
Quali vuoi che siano i tuoi modelli?
Prendi carta e penna e rispondi a queste domande:
– A quali persone non voglio ispirarmi per guidare le mie azioni?
– Quali valori negativi rappresentano?
– Per contro, a quali persone voglio ispirarmi per guidare le mie azioni?
– Quali valori positivi rappresentano?
Segui la tua stella polare, magari dal cielo anche tu potresti udire un rombo di tuono …